Nell’ultimo articolo dedicato al Congresso di Vienna sulle Abitazioni Popolari, Antonio Maffi riferisce della sessione dedicata ai suggerimenti pratici per contenere il costo di fabbricazione. Secondo l’autore, la sessione fu deludente per la povertà e la pochezza delle proposte formulate. Il delegato olandese parla di costruire case basse, non lastricare le vie o le piazze su cui si affacciano, allargare i vincoli dei regolamenti circa il numero di abitanti per locale, camere da letto le più piccole possibili in relazione all’aria e alla luce tipica della latitudine del luogo, muri sottili, norme antincendio diverse per case piccole e grandi caseggiati. Il Maffi le bolla come “lepidezze”.
Un po’ meglio il relatore belga: egli propone di costruire fuori città, di raggruppare le casette in modo che condividano “le porte d’entrata, le scale, i lavatoi, le adiacenze necessarie d’uso comune, i servizi di riscaldamento di illuminazione, di distribuzione dell’acqua, di fognatura”.
Il relatore francese, pur non portando nessun elemento tecnico, chiude (tra gli applausi) il suo intervento con “uno squarcio di poesia, sana, buona, agreste, che fa bene”. Ecco il suo auspicio: ”il giorno in cui l’abitazione lurida sarà vinta dalla casetta salubre, sorrisa dall’aria, dal sole, dai fiori, la questione sociale sarà in Francia vicina alla sua risoluzione”.
Occorre ancora studiare nuovi sistemi di costruzione, nuovi materiali più economici e una “distribuzione dei vani da permettere una maggiore utilizzazione della struttura degli edifici”.