Circolano notizie che Buffoli intenda fondare una nuova cooperativa edificatrice. In alternativa, altri lo solleciterebbero a raccogliere fondi per qualcuno degli enti esistenti, in modo da non disperdere le forze. In una lettera al Corriere, Buffoli spiega che non ha nessuna intenzione di assumere un impegno gravoso come questo, anche se esso “mi tenti e m’innamori con passione” e, non essendo geloso, vuole segnalare quanto ha già fatto la Società Edificatrice di Case per Operai, Bagni e Lavatoi Pubblici, che ha già quarant'anni di vita, ma è poco conosciuta perché la sua attività si è fermata. Nel 1868 essa completò la costruzione del quartiere S. Fermo, dove alloggiano in affitto 400 famiglie per circa 2000 inquilini. Un grande caseggiato di quattro piani, con scale di accesso ad ogni alloggio, di due o tre locali “ben tenuti da inquilini che ne sono molto soddisfatti”. Dietro il caseggiato, un grande lavatoio. Al piano terra ampi locali accolgono un asilo per 200 bambini. Buffoli trova che la formula dell’affitto sia la più indicata per le famiglie povere, per le quali l’acquisto non è conveniente. Per fornire “alloggi igienici contro una mite spesa d’affitto, non è il caso di parlare di villini e casette che possano divenire proprietà degli abitatori”. La società ha bilanci sani, remunera il capitale dei soci con interessi limitati al 4%, non ha perdite sugli affitti (solo lo 0,03% nel bilancio del 1900) e di fatto opera già come una cooperativa (una testa un voto nelle assemblee). Buffoli si auspica quindi che la società si trasformi in cooperativa abbassando a 100 L il valore di ogni azione, per favorire l’ingresso di nuovi soci, e riprenda ad edificare alloggi di cui c’è un gran bisogno.