Luigi Buffoli, che ha partecipato al congresso di Liverpool sui piani regolatori insieme a Cattaneo, dopo aver ammesso di aver potuto vedere, più che sentire, per la sua non comprensione dell’inglese, riferisce su quanto ha potuto apprendere circa la Cooperazione in Inghilterra, ma non solo. E’ questo il suo terzo viaggio in Inghilterra, dopo quello del 1889 e quello del 1907.
Durante una cena a Londra, ebbe una conversazione con Beaujean, direttore della Cassa di Risparmio Belga, che in dieci anni ha finanziato la costruzione di 42.600 casette operaie, dal costo tra le 4 e le 5 mila lire, cedute in ammortamento con l’anticipo di un decimo del valore e l’assicurazione sulla vita dell’operaio. In Italia, purtroppo, la legge che consente alle casse di risparmio il finanziamento della costruzione di case popolari, è troppo recente (1908) di modo che un capitale di oltre 172 milioni della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, disponibile per mutui, è di fatto ancora inutilizzato.
A Manchester Buffoli ha visitato alcuni dei circa 70 stabilimenti di produzione (quello dei saponi, quello delle candele e quello dei dolci, biscotti e caramelle) della Wholesale Cooperative Society che rifornisce le 1200 cooperative sue associate. Degli oltre 623 milioni di merci fornite nel 1908, solo circa il 40% fu acquistato, mentre la maggior parte fu prodotto nelle sue fabbriche o coltivato nei possedimenti sociali. Come già 1889, Buffoli è di nuovo impressionato dalla visita ai magazzini sociali principali a Manchester: “là si vede tutto quanto necessario alla famiglia, sia essa modesta, benestante o ricca, perché la cooperazione inglese non fa distinzione di classi”. Circa l’applicabilità in Italia di tale modello, Buffoli conferma i suoi dubbi, già espressi allora, per il magazzino all'ingrosso, a causa della grandissima varietà di prodotti alimentari che noi, contrariamente agli inglesi, amiamo. Qualche possibilità ci sarebbe per alcune fabbriche di produzione, per le quali però è necessario che molte cooperative aderiscano e soprattutto ne finanzino il capitale. Questo è purtroppo difficile per la divisione delle cooperative italiane e soprattutto per i loro capitali molto limitati. Soprattutto in Italia sono eccessivi i tempi di pagamento.
La Wholesale pur con l’enorme volume di merci fornite, ha crediti verso i soci equivalenti alle forniture di soli 9 giorni. L’Unione Cooperativa, nella sua limitata funzione di magazzino all’ingrosso, nel primo semestre di quest’anno ha fornito ad altre Cooperative merci per L. 110 mila con una esposizione media di 57 giorni.
Le Cooperative inglesi hanno saputo dotarsi di un capitale robusto, secondo gli insegnamenti di Holyoake “i giganti del capitale ci stanno sopra e noi non possiamo combatterli se non mettendo il capitale nelle mani degli uomini del lavoro. Senza il capitale, il lavoro è sterile”. La quota media di capitale per ogni socio nelle diverse cooperative è di ben L. 350 in Inghilterra, mentre in Italia predomina ancora l’impostazione della cooperazione operaia che prevede per ciascun socio una sola azione da 10 (o magari da 5) lire.
Buffoli conclude raccontando della piacevole visita a Mr. Gray, segretario generale della Co-operative Union, corrispondente alla Lega Nazionale delle Cooperative in Italia “… mentre traevo consigli e le più recenti notizie sul meraviglioso sviluppo della cooperazione inglese … avrei amato avere con me molti altri italiani, specialmente di quelli che esercitano grande influenza sulle masse dei lavoratori nostri, fra i quali la cooperazione, produttrice di benefici reali e sensibili, non è ancora penetrata”.