Mario Cattaneo, avvocato, funzionario del settore Opere Pubbliche del Comune di Milano e membro del direttivo dell’Unione Cooperativa, e Giannino Ferrini, ingegnere, direttore dell’Ufficio Tecnico comunale, riferiscono di un viaggio di studio in Inghilterra organizzato allo scopo di analizzare come là viene affrontato il problema delle abitazioni.
La prima nota è relativa al fatto che non si sono attuate misure straordinarie da parte dello stato, bensì “l’illuminato impiego delle normali forme dell’economia pubblica, serietà e tenacia da parte delle classi interessate e una cordiale solidarietà, la quale consente di riunire le sparse energie in organismi potenti”.
Vengono brevemente analizzate le leggi promulgate negli ultimi 25 anni per favorire il risanamento dei quartieri urbani degradati e la realizzazione di alloggi sani ed economici. Si sottolinea l’azione degli enti locali, molto efficace grazie all'acquisto di aree cedute in uso a cooperative o società di operai, anche se l’eccessivo indebitamento che ne consegue alimenta forti opposizioni alla pratica delle municipalizzazioni. C’è anche una società che propugna, con un certo seguito, la completa nazionalizzazione di tutte le terre, che devono progressivamente divenire di proprietà dello stato ed essere soltanto cedute in uso per periodi limitati.
L’iniziativa privata è fortemente caratterizzata dall'aspetto associativo: un gran numero di Consigli, Associazioni, Comitati, Società Filantropiche, a loro volta riuniti in organismi che ne coordinano le attività, ha saputo riunire sforzi e raccogliere risorse tali da agire efficacemente. Tra gli esempi citati, spiccano le 413 Cooperative che hanno costruito oltre 46.000 alloggi, le Società in Compartecipazione con 400 case, la Città Giardino di Letchworth in rapido sviluppo, la Artisan’s Labourers and General Dwelling’s Company che ha realizzato alloggi per 50.000 persone, tra cui quattro villaggi industriali modello. Un’ampia sezione è dedicata alle Società Cooperative, con l’analisi delle diverse modalità operative praticate: dall'acquisto di case esistenti per conto di soci che poi ne diventano proprietari all'acquisto di terreni per la costruzione di case poi vendute ai soci, dall'acquisto o costruzione di case cedute in affitto ai soci alla cessione a lungo termine di terreni edificabili, fino ai prestiti finanziari ai soci per l’acquisto o la costruzione della propria casa.
E’ descritta in particolare l’azione della Società Cooperativa che sta costruendo il villaggio di Woolwich. Il tipo più richiesto è la casetta monofamiliare di 4 o 5 locali con giardino. Si riporta integralmente un principio del loro statuto: “in nessun caso si deve alienare la proprietà immobiliare; poiché questo sistema ha non poche volte prodotto il passaggio di questa a speculatori privati, i quali si preoccupano solo di ricavare il maggior profitto possibile, aumentando gli affitti, sopprimendo ogni spazio libero, ammucchiando nelle villette uffici, botteghe ed opifici e lasciando che le case, per mancanza di manutenzione, diventassero indecorose ed insalubri”.
Sulla base di questa ed altre esperienze, secondo gli autori, è ormai matura in Inghilterra la convinzione che la strada de perseguire sia quella della costruzione di sobborghi e città giardino “non più fondata su utopistiche visioni, ma sopra sani criteri industriali, pienamente confermati dai risultati”. Il Co-operative Garden City and Suburbs Committee, recentemente costituito, ha proprio lo scopo studiarne e propagandarne la realizzazione. All'iniziativa partecipano anche molte cooperative di consumo.
L’articolo analizza poi le Copartnership Societies, nelle quali la compartecipazione consente la tutela di tutti gli interessi che normalmente sono contrapposti, cioè quelli del capitale, dell’inquilino e della Comunità. Come ciò sia avvenuto, è spiegato attraverso gli esempi della Tenants Co-operators Limited, della Labour Copartnership Association, della Tenant’s Copartnerhip Housing Council. Il loro esempio, pur con le modifiche che l’esperienza ha suggerito, è seguito da decine di altre società che hanno acquistato i terreni o già stanno costruendo. In particolare si evidenzia l’azione delle società di inquilini, che mantengono la proprietà collettiva dei terreni e delle case e riescono a pagare i giusti interessi ai soci che hanno sottoscritto le azioni. Questo è infatti l’approccio che si considera il migliore per realizzare abitazioni dignitose per le classi meno abbienti. La Ealing Tenants Society ha già costruito 950 abitazioni nel suo villaggio giardino, il cui piano urbanistico è opera di R. Unwin. Con 182 soci ha sempre corrisposto il 5% sulle azioni e il 4% sulle obbligazioni e il dividendo distribuito agli inquilini nel 1907 è stato pari al 5% degli affitti. La Hampstead Tenants Society, pur costituita solo pochi mesi fa, ha già costruito 50 abitazioni sui terreni della Hampstead Garden Suburbs Trust Limited che ha in concessione per 99 anni ed altre 300 sono in progetto per i soci in attesa. Anche nel caso di Letchworth, dopo che dal 1903 la First Garden Company Limited ha urbanizzato l’area e venduto lotti a privati, dal 1905, visti i primi tentativi di speculazione da parte degli acquirenti, ha iniziato a cedere in concessione ampi lotti di terreno alla Garden City Tenants Society che ha già costruito oltre 300 abitazioni, assegnandole agli inquilini prima ancora che fossero completate.
Dopo un accenno alla necessità di un collegamento rapido ed efficiente tra la città ed i sobborghi in cui crescono questi nuovi quartieri, che deve essere soddisfatta dal trasporto pubblico, si sottolinea che la tipologia edilizia più adatta è quella delle case di tipo piccolo “isolate o unite in serie, ma sempre sorgenti in mezzo a spazi liberi coltivati a giardino”, come stabilito dal recente congresso di Londra. I limiti che in quella sede si definirono (4000 mq per 12 abitazioni) portano a stimare un fabbisogno di circa 100 mq di terreno per ogni locale di abitazione. Le recenti realizzazioni milanesi registrano invece meno di 20 mq per locale (le case del Comune di via Ripamonti o quelle dell’Umanitaria in via Solari), arrivando solo a 32 mq per locale nel quartiere di via Mac Mahon, dove si realizzarono villini in serie accanto a palazzi di 4 o 5 piani. Dopo aver analizzato i principali aspetti costruttivi delle casette di cui si parla, l’articolo suggerisce alcune modifiche dei regolamenti edilizi che potrebbero favorirne lo sviluppo.
In conclusione ci si augura che l’esempio inglese possa essere seguito, con gli opportuni adattamenti, anche da noi.